Le Origini dell’arte del tatuaggio in Polinesia
Storicamente non esisteva la scrittura nella cultura polinesiana, quindi l’arte del tatuaggio usato in polinesia era piena di segni distintivi per esprimere la propria identità e personalità.
I tatuaggi indicavano lo stato in una società gerarchica così come la maturità sessuale, la genealogia e il rango all’interno della società.
Quasi tutte le persone nell’antica società polinesiana erano tatuate.
Le isole polinesiane che furono visitate per la prima volta furono le Isole Marchesi, le quali vennero scoperte dagli esploratori europei e dal navigatore spagnolo, Alvaro de Mendana de Neira, nel 1595. Tuttavia, i navigatori europei mostrarono scarso interesse nel territorio in quanto era scarno di pietre e minerali preziosi.
L’attuale tradizione del tatuaggio polinesiano esiste da più di 2000 anni fa, tuttavia nel XVIII secolo l’Antico Testamento vietava severamente l’operazione.
L’arte polinesiana diviene importante negli anni 80, ma il problema principale si presentava nella sterilizzazione degli strumenti in legno e ossa usati per il processo di tatuaggio. Per questo motivo i tatuaggi polinesiani furono banditi non molti stati.
La provenienza del tatuaggio polinesiano
La rinascita dell’arte e della pratica del tatuaggio, in particolare a Tonga, negli ultimi anni è prevalentemente riferita al lavoro di studiosi, ricercatori, artisti visivi e tatuatori.
Nell’antica Samoa, anche i tatuaggi hanno svolto un ruolo estremamente importante sia nei rituali sia nella guerra. Il tatuatore possedeva un ereditario e dalla stessa vena, una posizione molto privilegiata. Di solito tatuava gruppi da sei a otto persone (di cui solito uomini) durante una cerimonia alla quale partecipavano amici e parenti. Il tatuaggio del guerriero samoano veniva realizzato principalmente sulla vita, ma con l’avanzare del tempo trovo posizionamenti fino al piede.
Tuttavia, non era insolito che anche le donne samoane fossero tatuate. Ma le immagini erano limitate a cose come una serie di delicati motivi floreali (di solito geometrici), sulle mani e sulle parti inferiori del corpo.
Il Dolore del tatuaggio
I tatuaggi polinesiani posseggono una metafora legata al dolore durante l’incisione, difatti, questo procedimento è estremamente doloroso e sopportare questo dolore rappresenta grande forza di volontà e dedizione, inoltre, è un promemoria per il futuro.
Il dolore era estremo e il rischio di morte per infezione era una grande preoccupazione per molte persone. Tuttavia, allontanarsi dal tatuaggio significava rischiare di essere etichettato come un vigliacco o un pala’ai e poi essere odiato e insultato dal resto della tribù o del clan. Gli uomini che non potevano sopportare il dolore e abbandonarono i loro tatuaggi rimasero incompleti, portando il loro marchio di vergogna per tutta la loro vita.
Una sessione di tatuaggi durava tipicamente fino al tramonto o fino a quando gli uomini non potevano più sopportare il dolore e riprendevano il giorno seguente, a meno che la pelle infiammata non necessitasse di alcuni giorni per guarire.
L’intero processo poteva durare fino a tre o anche quattro mesi. In seguito, la famiglia dell’uomo istituiva una festa che dava il via al processo di guarigione di colui che si era tatuato.
Il processo di guarigione
Questo processo di solito richiedeva mesi. La pelle tatuata doveva essere lavata in acqua salata, per tenere a bada l’infezione e quindi l’area del corpo doveva essere massaggiata per eliminare le impurità. La famiglia e gli amici erano di grande importanza nel processo di guarigione perché anche compiti estremamente semplici, come ad esempio camminare e sedersi, potevano irritare la pelle, di conseguenza, tutti si mettevano in condizione di aiutare la persona appena tatuata.
Entro sei mesi, i disegni distintivi cominciavano ad apparire sulla loro pelle ma solo dopo un anno sarebbero guariti completamente.